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"Tutta colpa del polistirolo" è un racconto dialogico giocato tra il serio e il faceto, ambientato in un villaggio immaginario della terra d'Ichnussa, antico nome della Sardegna.
Il villaggio si chiama Isieth e rappresenta un luogo-non luogo di fantasia dove il confine tra vita e morte che la società ipocrita e perbenista vuole sia netto, diventa, ad un certo punto, incerto, surreale. I contorni si sfumano, tutto diventa sogno, fino a quando lo scontro con il buon senso comune e con il concetto stesso di esistenza fisica e letteraria di protagonisti e narratrice, non rimette tutto drammaticamente a posto per poi riscombiccherare le carte.
Per dare un'idea più precisa dell'ambiente in cui matura la vicenda, in prefazione non mancano cenni storici e riferimenti precisi sulla lamentazione funebre e su curiose usanze tradizionali nate per favorire il viaggio da cui nessuno è mai tornato.
Mary Blindflowers ha coniato il movimento "Destrutturalismo" le cui idee sono espresse nel blog "Destrutturalismo e altro" e nella omonima rivista. Ha all'attivo diverse mostre d'arte e pubblicazioni di saggistica, poesia, romanzi e opere teatrali. Ha vinto il primo premio di disegno alla Henry Moore Foundation nel 2019.